Tad Darkpatch

First Raccoon feat Thomas McDonell

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    Wicked Witch
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    Riverlands

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    house darkpatch
    we are not thieves
    washedhands
    I Darkpatch sono campioni assoluti di nascondino, e Tad non fa eccezione.
    Brax gli ha dedicato la costruzione di una nave.
    Spesso e volentieri spacca legna ai cantieri navali di Long Oar, per aiutare Brax col suo lavoro.
    Ha un furetto di nome Balerion.
    E un metalupo di nome Artos.
    Odia arrabbiarsi e litigare con gli altri.
    Adora nuotare e la sensazione che l'acqua gelida gli provoca sulla pelle.
    La sua manualità gli permette di comporre dei piccoli e delicati origami con discreta bravura, piegando la carta di pergamena;
    È molto suscettibile quando accusano la sua di essere una famiglia di ladri.
    Odia suo fratello Laoghaine.
    È lievemente infastidito e allo stesso tempo divertito, dall'impertinenza di Ronan Stiofan.
    Sogna di diventare un grande esploratore da quand'era solo un bambino.
    Adora e stravede assolutamente per i bambini, si diverte a farli giocare e a vederli sorridere.
    tad
    L'antica lingua dei Primi Uomini gli attribuisce il suono onomatopeico dello zompettio di un piccolo animale che si muove fugacemente nel sottobosco, avente il significato di piccolo scoiattolo, connaturato soprattutto alle peculiarità fisiche dei Darkpatch, agili, scattanti e sempre in movimento, in fermento e pieni di vitalità. Sua madre glielo mise, giustapposto all'indole che contraddistingue i procioni. Ronan Stiofan, invece, lo chiama Scemo-Tad, cosa che un po' lo infastidisce e gli fa storcere il naso, ma allo stesso tempo lo diverte.

    darkpatch
    La casa dei procioni e degli uomini dal volto colorato di nero, il cui seggio si trova nel castello di Washedhands, sulla Punta del Drago Marino.

    18 anni ( 289 a.c. )
    Figlio della Lunga Estate, la sua balia diceva sempre che non ha mai conosciuto il vero inverno. È nato all'inizio dell'anno 289esimo dalla Conquista, attualmente ha 18 anni. ( ndr. nel 308 a.c ).

    rango
    Lord procione, essendo il figlio primogenito, quel ruolo è praticamente inscritto nel suo destino sin dalla nascita. È un giovane lord senza alcuna promessa di matrimonio, se non si considera lo smacco vergognoso che Lady Maege Mormont ha inferto allo spiccato orgoglio di Lord Liam Darkpatch rifiutando la sua proposta e troncando tutti gli accordi presi per lo sposalizio con sua figlia Jorelle. Invero, possiede tutte le qualità e le tipiche doti caratteriali che un lord di nobili natali dovrebbe rispettare, ma pur facendo parte di una casata nobiliare a cui deve tale titolo, è da quand'era solo un bambino che sogna di diventare un grande esploratore.

    fedeltà
    La casa Darkpatch è rimasta fedele agli Stark di Grande Inverno e al loro metalupo, negli anni, giacché a suo tempo fu proprio la benevolenza di Lord Rickard Stark a renderli Lord, e una profonda amicizia li lega anche ai Mormont di Isola dell'Orso, loro riconoscenti. Attualmente, tuttavia, essa mantiene una pericolosa neutralità ancora intatta grazie alla poca importanza che la medesima casata ha all'interno della nobiltà del Nord. Non presero parte ad alcuna guerra poiché la loro presenza non fu mai richiesta, né ai più recenti eventi che hanno colpito il Nord.

    abilità
    È un eccellente spadaccino e combattente, abilità le sue, che destano non poco la gelosia e l'odio di Laoghaine, il minore e più arrogante dei suoi fratelli, che gli invidia ogni cosa desiderando per sé quel che un giorno, invece, sarà suo per diritto di nascita e divenendo, a tal fine, l'oggetto di gran parte dei suoi dispetti. Peculiarità dei membri di Casa Darkpatch, è la capacità di infilarsi in ogni fessura esistente, compreso il più angusto dei luoghi, il che li rende tremendamente insidiosi e complicati da acchiappare in ogni caso. È elastico, agile e snodato, ragion per cui il suo piccolo corpo, esile ma tonico quanto basta, temprato da discipline come nuoto e tiro con l'arco che ne hanno irrobustito l'ossatura - specie le spalle -, rafforzandola, gli consente di strisciare dentro a piccoli cunicoli, scivolare in stretti passaggi e correre via svelto quanto un furetto. Suo padre spesso afferma che giocare a nascondino con un Darkpatch sia una partita persa in partenza, e ha ragione: se un Darkpatch decide di nascondersi, non c'è modo di riuscire a stanarlo, a meno che non lo voglia, il che spesso, come racconta suo zio, suscita le bestemmie di coloro i quali, per un motivo o per l'altro, vogliano mettere loro le mani addosso. Sono campioni assoluti nel nuoto e l'apnea, piccoli segugi capaci di seguire le tracce e riconoscere le orme degli animali, per certi versi, anche di vedere al buio proprio come i felini.
    tad darkpatch
    the first raccoon
    È una casata non molto antica quella dei Darkpatch, nata ai tempi di Rickard Stark, padre di Brandon, Eddard, Benjen e Lyanna, Lord di Grande Inverno, quand'egli si apprestava a sedere per la prima volta sul trono di Grande Inverno. Fu lo stesso Rickard Stark a concedergli un castello sulla punta più estrema del Sea Dragon Point quando un gruppo di giovani guidati dal figlio di un cavaliere di Bear Island riuscì ad impedire un tentativo di incursione proprio a Isola dell'Orso, dimora dei Mormont, da parte di un gruppo di pirati che si sospettava provenissero dalle Isole di Ferro. I giovani si infilarono nelle navi nemiche dopo aver nuotato nelle acque gelide quando il gruppo di pirati si fermò a riposare poco distante dal Sea Dragon Point rubando cibo, armi e compiendo alcuni fori nella stiva nel più totale silenzio mentre la ciurma dormiva. Le navi non giunsero mai a Isola dell'Orso, ma affondarono pian piano costringendo la ciurma con ormai l'acqua alle ginocchia a fuggire sulle scialuppe. Vennero ricompensati con la terra di quel promontorio, con il titolo di lord per il ragazzo che li aveva guidati e di cavaliere per qualche altro valoroso, con un nome che li aveva caratterizzati in quella circostanza (si erano dipinti di nero la faccia ma nuotando in mare il colore si era in parte tolto fino a sopra il naso, lasciandogli nera la parte alta del volto) e ricchezze da investire nella costruzione di un castello (Washedhands). Purtroppo già da subito per i modi escogitati per evitare l'incursione e per il fatto di aver sottratto armi e cibo ai nemici sono stati da molti additati come ladri, per questo il loro motto fin da subito fu “we are not thieves” (noi non siamo ladri), derisi e bistrattati vivono una vita abbastanza solitaria, senza uscire dalle loro terre se non in caso di guerra, nel quale sono diventati molto abili nel tempo. I Darkpatch sono caratterizzati da una struttura fisica all'apparenza molto fragile, non molto alti di statura, con capelli castano scuro e occhi verde-giallo. Molto agili, magri ma tonici, hanno corpi in grado di sgusciare in piccoli cunicoli, abili nuotatori anche nelle acque più gelide, fuori dall'acqua indossano pellicce molto folte che li nascondono quasi, risucchiandoli. A parte la profonda amicizia e fedeltà che li lega a Stark e Mormont non c'è altro per loro al Nord, spesso derisi dalle altre casate minori e ignorati dalle maggiori.
    Quella mezza faccia dipinta di nero, dal mezzo naso fino alla cima della fronte gli è rimasta ancora adesso, è un tratto che li caratterizza e che li vedi così tingersi quando i discendenti di quei giovani scendono in guerra o anche duranti alcuni particolare ricevimemti all'interno di Washedhands. Il loro vessillo rappresenta una testa di procione su sfondo bianco e nero.

    Lord Emer Darkpatch | nonno | il vecchio
    Il vecchio, il procione capo, c'è chi lo ritiene un grand'uomo, chi invece, d'altra parte, nientemeno che una carcassa incartapecorita e cadente, capace soltanto di cagarsi addosso le braghe, poiché con l'avanzare dell'età ha perduto ogni briciolo d'intelletto in gioventù lo avesse condotto a compiere la gloriosa impresa che aveva consacrato la fortuna dei Darkpatch, ideando quel geniale piano che fece la storia e che li ha resi quel che sono. Svanito, sfumato... Il Lord di Washedhands, il padre fondatore di una casata che in fondo casata non lo era mai stata per davvero, lo sgusciatore per eccellenza che ci aveva dato un castello freddo e sulla punta del promontorio più sfigato dei Sette Regni, era per i suoi nipoti - che conoscono a menadito la storia - e per il resto dei procioni una sorta di eroe nazionale di cui andare fieri e le cui gesta andavano celebrate, eppure Tad, benché avesse stima di suo nonno e gli volesse un gran bene, non riusciva proprio a farsi piacere quel che il vecchio aveva fatto e non trovava alcuna ragione di andarne fieri, concordando per quanto strano sia, con l'opinione di suo fratello in proposito. Ragion per cui non desidera altro che impegnarsi tanto da raggiungere la perfezione fisica per riuscire, un giorno, a compiere un'impresa tanto grande da cancellare l'onta del disonore che macchia d'infamia la nomea di ladri dei Darkpatch, ripulendo il nome che gli appartiene di modo da avere maggiore considerazione e rispetto da parte dei suoi conterranei nordici. Al resto dei procioni potrà anche non importare, ma non a lui. “Un giorno, quando sarò Lord...”, lo dice sempre.

    Lady Enya Darkpatch | nonna | la vecchia
    Gran bel colpo, insomma, quello della vecchia, lei sì che aveva fatto fortuna: da paesana a lady in un solo giorno. Sposò un lord, che lord ancora non era, e mai nessuno le insegnò ad essere una Lady. Sua nonna è una donna forte, verace, autentica, cocciuta ed attaccabrighe, una combattente, sua nonna ha la pellaccia dura dei Darkpatch che, per i Sette Inferi, non ci pensano affatto a morire lasciando tutti in malora, ben capace di infilarsi un'armatura e, volesse, porre fine a quella guerra a suon di sonori schiaffoni, che non risparmia affatto di piantare dritti in faccia ai nipoti qual'ora la facciano arrabbiare, rimettendoli nuovamente al loro posto. Sua nonna è spigliata, sveglia e pronta di mente, ha carattere e forza, piglio vivace ma autoritario, linguaggio pratico e colorito che spesso e volentieri non le si addice affatto, in qualità di lady prima e donna di popolo poi, che faticano a contenersi, in una vecchia arzilla come lei, che con la sua lingua innegabilmente lunga non risparmia mai nulla a nessuno; benché ormai sia parecchio in là con gli anni, sarebbe ben capace di resuscitare più d'una volta, se necessario, pur di non concedere alla morte il lusso di averla con sé nella tomba. Ad ogni modo, a dispetto di ciò e pur essendo una donnetta minuta, è piena d'amore per i nipoti ai quali è solita insegnare ad essere forti in ogni caso e a non lasciarsi abbattere dalle sventure. Adora il suo modo di rimbeccare sempre tutti quanti; lei da sola è capace di rendere quasi più simpatica la vita a Washedhands.

    Lord Liam Darkpatch | padre | gli dei vecchi e nuovi ce ne scampino
    Quello stronzo ingrato di suo fratello, che non è capace di altro se non di lagnarsi invano di quel che non gli spetta, definirebbe suo padre come un uomo pesante e capace soltanto di sgridarlo, di rimproverarlo e dare a lui la colpa di ogni cosa accada su questa terra perché, insomma, il piccolo Laog è geloso, non ha quel che desidera e perciò si sente in dovere di fare i dispetti agli altri perché sì, perché può e basta, perché è invidioso, un uomo detestabile e che “gli dei vecchi e nuovi ce ne scampino”, mentre invece quello detestabile è esattamente il procione di mezzo, proprio lui che col suo odio gli sta esacerbando l'anima e non fa altro che inasprire la sua pazienza mandandogli in malora l'esistenza, per i Sette Inferi. La verità è che la lagna esasperante che è suo fratello, con quel suo capriccio perpetuo, non fa altro che sfinire il novello signore dei procioni ben più di quanto sfinisca il suo primogenito, in realtà. Eppure l'intento paterno è soltanto quello di raddrizzarlo, o quantomeno tentare invano l'impresa di farlo, date le resistenze che suo fratello oppone in merito. D'altra parte, tuttavia, se il legame col figlio di mezzo è piuttosto teso e complesso, quello col suo primogenito è invece eccellente, il perché, oserebbe suo fratello, è che lui gli è fedele quanto un cagnolino, ma non è affatto così. I due sono complici e vogliono entrambi le stesse cose, se non fosse che, spesso e volentieri, suo fratello fa per minare il legame sincero padre e figlio dei due, mettendo fra loro zizzania e discordia al solo fine di ottenere l'agognata attenzione paterna di modo da scalzare il preferito del genitore, fare breccia in esso e, quale il ladro che è, ottenere ogni cosa creda gli spetti, considerato che non sembra avere alcuna intenzione di smettere in tal senso, ben deciso a convincere il genitore, che ritiene una mummia peggiore del nonno per via di quel suo piglio autoritario, d'aver preso una immensa cantonata.

    Ser Nevan Darkpatch | zio | quello fico
    Suo padre e suo zio sono l'esatto contrario l'uno dell'altro e forse è esattamente per questo motivo che a quella piaga di Laoghaine, lo zio Nevan piace assolutamente di più, tanto da preferirlo in tal senso, al fratello, ovvero nostro padre. L'uno autoritario, un uomo pesante e quasi detestabile, agli occhi del figlio di mezzo, l'altro invece l'opposto, agli antipodi del primo. Lo zio Nevan è contagioso e sa esattamente come riuscire a far breccia negli altri, a parole quanto coi fatti, è ironico e stravagante, certo, sveglio, intelligente ma soprattutto capace di ridere rispetto alla mummia - e non a detta sua - che invece è il fratello, un cascamorto che cambia più spesso le donne delle mutande e sfugge agli sposalizi, affatto desideroso di vedersi infilare la fede al dito e ancor meno di convolare a nozze, dedito com'è al libertinaggio, eppure resta un'abile spadaccino, un guerriero capace, un uomo d'intuito e d'azione che appare più come un personaggio uscito da una favola, una mezza caricatura che, a dispetto di quel che si crede, è ancora ben capace di acchiappare il gentil sesso. E poi è un figo e basta, e insomma, non che la cosa gli spiaccia, affatto! Altro punto in favore del mezzano! Talvolta, staccare la spina e sentire meno la pressione che suo padre è capace di mettergli addosso, in qualità di primogenito - cosa che suo fratello non capisce, o non sembra voler capire poiché spesso e volentieri parla a vanvera, a sproposito e senza pensare, senza sapere come le cose stanno davvero -, lo aiuta a non cedere, e ciò è possibile grazie alle battute di spirito di suo zio, al suo umorismo e le sue storie curiose, i suoi strambi aneddoti e la sua vena comica che da una parte, sembrano quasi mettere sempre tutti quanti d'accordo, perché quando c'è lui le cose cambiano, quando c'è lui, l'odio viene appaiato, ogni cosa perde improvvisamente di senso per lasciare spazio alle risate.

    Lady Ita Darkpatch | zia | deceduta
    Lo zio Nevan mi racconta ogni tanto di Lady Ita, benché con un po' di tristezza e di nostalgia che spezzano in modo strano la sua voce, incrinandola, quasi, rotta per via dell'emozione e capace di mettere addosso una certa malinconia, affatto abituati a vederlo farsi improvvisamente serio, nostro padre invece no, non vuole mai parlare di lei, si rifiuta di farlo e si arrabbia non poco se ci si osa a nominarla. Non lo sopporta. Si volta dall'altra parte, diventa sfuggente e improvvisamente indossa una maschera, tace, serba segreti nel silenzio. Lo zio dice che era bellissima, bella e dolce quanto Maeve, aggraziata, una vera lady, ma poi sorride, divertito, al pensiero di quanto la zia avesse due facce, in realtà, di quanto facesse e non poco, dannare il nonno. La zia Ita, aveva il fuoco dentro, nelle vene, era coraggiosa, ribelle, selvaggia, vivace, appassionata, aveva fegato da vendere e sarebbe stata capace di mandare in malora la sua vita per la libertà. Esattamente come la piccoletta sua omonima. La sua sorellina, è la copia identica e sputata di sua zia. Sarà forse per questo che è la sua preferita, ma papà vuole comunque distruggere per sempre i suoi sogni di diventare un cavaliere? Che non vuole darle false speranze per il futuro? Che vuole tenerla coi piedi per terra? Per evitarle di fare la stessa fine della zia Ita? Per non soffrire più? Quantomeno, lo zio Nevan ci aiuta a tenere vivo il suo ricordo, a non dimenticarla, il che fa bene a tutti.

    Lady Orla Reed | madre | breve quote
    Tad adora sua madre, di un amore viscerale che lega Lady Orla Reed al suo primogenito, in quanto primo, giustappunto. Sua madre, tenta praticamente da sempre di strappare l'odio dai cuori dei due procioni, da che erano bambini, così desiderosa di vederli avvicinarsi e fare la pace, eppure non riesce mai nell'impresa e se ne dispiace; la cosa l'addolora non poco, il che fa soffrire anche Tad insieme a lei, che sente di essere come impotente dinanzi alla remota radice di quell'odio che oramai ha preso possesso del fratello e non vuole lasciarlo, così desideroso, invece, di tenerlo fuori, lontano dalla sua vita. Adora come le mani piccole e calde di sua madre gli carezzano il ciuffo, come, piene d'amore e di calore umano, gli sfiorano il volto, come i suoi occhi e la sua bocca gli sorridano sempre e le sue braccia non manchino mai di stringerlo.

    Laoghaine Darkpatch | fratello | quello stronzo
    Suo fratello è innegabilmente stronzo, pieno di sé e arrogante fino al midollo, odioso, geloso, invidioso, dispettoso, insolente, sgradevole, acido e, immagina, assolutamente desideroso di farlo fuori nel peggiore dei modi possibili pur di avere per sé, un giorno, ciò che non gli appartiene per diritto di nascita, incapace di ingoiare il grosso rospo che suo padre gli ha messo in bocca, scalzandolo in favore del primogenito. Il procione di mezzo, è una dannata piaga nel sedere che il primogenito non riesce proprio a farsi piacere, non che il medesimo sangue del suo sangue gli renda quanto più semplice l'impresa, eppure... eppure, spesso e volentieri se ne dispiace non poco, complice il suo buon cuore che gli muove la coscienza in direzione del fratello, salvo venire poi respinto bruscamente dall'odio lampante di questo. In fondo, preferirebbe averlo come amico, che come nemico, come invece accade ben più spesso, purtroppo, in quanto l'odio che tiene i due lontani da sempre, ormai, appare essere un impedimento troppo grande affinché a questa sorta di faida tra fratelli venga posta una fine in vista di un eventuale pacificazione. Impresa, fin'ora, mai compiuta davvero poiché i due sembrano quasi gareggiare facendo a chi riesce a primeggiare sull'altro per avere l'attenzione paterna.

    Maeve Darkpatch | sorella | la malaticcia
    Maeve è molto bella e molto buona, è un po' un fiore delicato, ma la solitudine l'ha come appassita, l'ha resa fragile, sensibile e di salute cagionevole, eppure non si arrabbia mai con lei per questo, e come potrebbe? Non ne è capace. Non ne sarebbe mai capace. Fattosta che ha cercato di rendergli amica Brax, ben più di una volta, eppure non è mai riuscito nel suo intento di convincerla a lasciare la sua stanza, nella speranza che il suo entusiasmo per la vita e la sua vivacità la contagiassero, finalmente, ma ciò non è mai accaduto. Rinchiusa per gran parte del tempo nella sua stanza, a cucire e fare cose da Lady, Maeve non si arrabbia mai, mai s'infuria, mai alza la voce. Spesso piange, persa nella solitudine delle pareti di quella torre che la tengono prigioniera per volontà di nessun'altro, se non la sua. Ita al posto suo sarebbe fuggita, avrebbe sbattuto i pugni, avrebbe buttato in malora la sua vita per la libertà, ma non Maeve, lei vuole stare accanto alla persone che ama, rinchiusa nella sua stanza. Non le importa di niente.

    Emer Darkpatch | gemello | il secchione
    Vuole un gran bene a suo fratello Emer, benché lui, da sempre, praticamente, fin troppo preso a stare col naso sui libri, nel buio e la polvere, quasi lo ignori e non lo degni d'altro se non che di semplice e mera circostanza, ma niente più di ciò. Mai niente più di ciò. Oltretutto, il fatto che somigli terribilmente a Laoghaine - che nondimeno deve averci ficcato lo zampino per mettere zizzania fra il gemello e il primogenito - non aiuta affatto i due a legare. Emer vorrebbe, un giorno, diventare Maestro, vedere Vecchia Città e studiare alla Cittadella, forgiare i propri anelli, benché suo padre voglia invece vederlo uscire di più, ma a lui non è mai importato granché di quel che pensa il genitore. I suoi desideri non contano niente di niente, per lui, se quel che vuole non è quel che vuole lui. Per Emer esistono soltanto i suoi libri e nientepiù di ciò, eccetto per il gemello. Sembra così diverso da Laoghaine, eppure i due sono in realtà più simili di quanto si creda, specie poiché entrambi lo odiano, benché il secondo meno palesemente del primo, sembra almeno. Se non fosse per lui, che si cura di portargli del cibo ogni tanto, Emer non si curerebbe nemmeno di mangiare, pur di stare curvo sui libri, persino a dispetto dei suoi problemi di vista.

    Ita Darkpatch | sorella | la piccoletta
    Ita è una folle, vivacissima piccoletta, svitata come pochi, una piccola peste, un concentrato di immaginazione privo di eguali; la sua sorellina è infaticabile, energica, tenace, coraggiosa e soprattutto non molla mai la presa. Ita sembra quasi essere nata per ridere e correre libera in sella ad un cavallo, per risplendere. Ita farà grandi cose, ne è certo, spende gran parte del suo tempo a correre e far danni, tirandosi dietro quella povera anima di Niall che la segue suo malgrado, in ogni sua avventura. Ita è una tosta, ha una fantasia ineguagliabile, si inventa le storie più belle dei Sette Regni che spesso e volentieri hanno per protagonista una guerriera che porta il suo nome, e sogna, da sempre, di diventare un cavaliere, un giorno. Ha deciso che da grande farà il cavaliere, e ha intenzione di farsi valere, di far sentire che ha voce in capitolo, e che voce, non importa se a suon di grida e capricci. Certo, papà non è d'accordo, non sarà mai d'accordo, ma a lei non importa granché, e al contrario, prosegue per la sua strada, ben decisa a prendere in mano la sua vita come nessun'altro al mondo.

    Niall Darkpatch | fratello | il piccoletto
    Niall ha solo tre anni, eppure ha già lasciato tutti quanti col fiato sospeso. Niall ha solo tre anni, eppure ha già combattuto la sua prima battaglia, la più importante, quella della vita, con una pentola d'acqua bollente. È un piccoletto goffo, ma veramente goffo, che cade e sbatte e ha il corpo ricoperto di graffi e lividi; non c'è un giorno in cui non si faccia male, non c'è un giorno in cui non faccia disperare tutti quanti, eppure, nonostante le botte non piange mai, no. Cade e ride, Niall, cade e ride, ride sempre, ma non ha riso affatto, quella volta dell'ustione. Ancora non riusciva a camminare, reggendosi sulle gambette, eppure, traballante e malfermo sgambettava comunque per il castello. Ghiotto com'era di biscotti, gli piacevano le cucine, ma quel giorno... quel giorno, l'acqua bollente lo investì in pieno. Seguirono giorni terribili e pieni d'apprensione, non pensavamo si sarebbe salvato, ma dopo due settimane la febbre scese e la pelle iniziò a seccarsi. Una grossa ustione gli ha marchiato a vita metà volto, una parte del petto e tutto quanto il braccio destro, eppure Niall, conclusa quella brutta disavventura, porta quello sfregio, che non lo ha affatto scoraggiato, come un trofeo. Nonostante ciò, non ha smesso di curiosare per il castello, né ha mai messo da parte il suo desiderio di esplorare. Niall è l'ultimo arrivato e non di certo il bambino più fortunato di questo mondo. Sarà perchè è ancora molto piccolo, eppure niente di niente sembra mai poterlo fermare, nemmeno quello spiacevole incidente, il ricordo di quel giorno che ancora scuote gli animi dei procioni. Niall è forte, una piccola peste dalla pellaccia dura e fatto della stessa pasta di Ita, se non peggio.

    brax stiofan | migliore amica | bae
    Le Stiofan di Long Oar, sono un po' la malaugurata piaga nel sedere che tormenta i procioni da che i Darkpatch si sono scoperti loro malgrado vicini di castello, a bordo di quella sorta di rocciaa appuntita e a ridosso del mare che è il Sea Dragon Point il che non lo rende nemmeno granché un tesoro, per le due Casate, le cui roccaforti giacciono sul promontorio più sfigato dei Sette Regni. Ma se Ronan la piattola, piccola e impertinente compare di malefatte di suo fratello Laoghaine, lo guarda sempre di sottecchi e con dispetto, smorfiosa e maschiaccia, buffa, goffissima e sgraziata, a volte persino un po' tocca, sghignazzandosela sorniona con quella sua solita espressione vivace e pestifera di adorabile pigna in culo, gli ronza intorno per il solo gusto d'importunarlo, l'altra sua cugina è tutt'altra storia a parte -- non che Ronan sia poi così normale, ma le vuole bene comunque, nonostante spesso e volentieri faccia comunella con suo fratello --. Brax è la sua migliore amica, la sua confidente, in tutto e per tutto sua sorella, se non fosse che nei due non scorre il medesimo sangue ma per entrambi ciò non sembra rappresentare alcun problema. Sono la roccia l'uno dell'altra e si sostengono a vicenda, ben decisi a combattere l'uno le angherie del fratello e l'altra il pregiudizio e il maschilismo che regna sovrano nel suo lavoro al cantiere navale, e insieme affrontare le proprie ambizioni e la vita. Tad conosce Brax praticamente da sempre, c'era quando si sbucciava le ginocchia e gli correva incontro piangendo, c'era quando le aveva mostrato i suoi schizzi e i suoi progetti, i suoi primi disegni mettendo a nudo i suoi sogni e le sue passioni. C'era sempre, per lei, quanto un fratello seppur non di sangue, e spesso ancora, anche più di questo. Il loro rapporto posa su fondamenta solide e d'intesa profonda. I due sono talmente complici e in sintonia, talmente legati, intimi e in simbiosi fisiologica l'uno con l'altra, che il loro rapporto è tale e capace di spingersi ben oltre, talvolta, da farli apparire più che amici, vivendo praticamente l'uno per l'altra. Tanto che, chissà, magari un giorno...
    le persone perfette non combattono,
    non mentono, non commettono errori e non esistono
    physical
    I Darkpatch non assomigliano affatto ai loro conterranei nordici, ben diversi da Lord e signori di grandi Casate come gli Stark, eppure il Nord è la terra che abitano, la terra che, ad ogni modo, non sembra avere alcuna considerazione di loro. Il titolo che possiedono, ogni altra cosa, è dovuta alla benevolenza di Lord Rickard Stark che volle ricompensare, a suo tempo, la riuscita della loro impresa legittimando il loro nome. I procioni, che posseggono ben poco dei tratti ancestrali dei Primi Uomini, rispetto ai lupi di Grande Inverno o i Mormont di Isola dell'Orso, paiono quasi trovarsi agli antipodi di tali, onorate premesse, in quanto la loro fortuna è appunto dovuta soltanto al buon cuore degli Stark. E la nomea di ladri certo non li aiuta nel tentativo di recuperare il posto che spetta loro, affermando una qualche autorità. Tad è nientemeno che un diciottenne, esile quanto una canna di fiume, un giovanotto col viso d'un furetto che ha spalle larghe e forti da nuotatore e schiena dritta. In quanto Darkpatch, per sua natura non fa eccezione e presenta lo stesso fisico asciutto e minuto ch'è peculiare dei procioni suoi membri, ma con una struttura muscolare abbastanza delineata e scattante da permettergli di passare in ogni anfratto e stretto passaggio. È ben capace di infilarsi in ogni fessura esistente, compreso il più angusto dei luoghi. È elastico, agile e snodato, ragion per cui il suo piccolo corpo, esile ma tonico quanto basta, temprato da discipline come nuoto e tiro con l'arco che ne hanno irrobustito l'ossatura - specie le spalle -, rafforzandola, gli consente di strisciare dentro a piccoli cunicoli e correre via svelto quanto un furetto. Spesso e volentieri, inoltre, si diletta a spaccare legna ai cantieri navali di Long Oar, mentre non è impegnato ad addestrarsi, per aiutare la sua migliore amica col lavoro, e ciò gli ha permesso, col tempo, di sviluppare dei notevoli bicipiti. In sostanza, il maggiore dei procioni è un piccolo campioncino di perfezione, il primogenito che ogni genitore desidererebbe avere. Tad ha soltanto diciott'anni, eppure per la sua età, ha muscoli forti e guizzanti e una preparazione fisica abbastanza notevole. Ha cominciato ad allenarsi in tenera età, ben prima di suo fratello Laoghaine, in breve, da che suo padre ha ritenuto opportuno mettergli in mano una spada e affidargli un maestro d'armi che potesse insegnargli come utilizzarla al meglio, cacciando fuori tutto quanto il suo potenziale. Ragion per cui, pur tenendo fede alla natura dei suoi avi che lo vuole esile, piccolo e snello, il suo corpo dispone comunque di ossatura forte, una certa robustezza e resistenza, ad ogni modo consona ad un giovane adolescente nel fiore dei propri anni e nel pieno della vita. In apparenza sembra fragile, date le premesse succitate, eppure il suo aspetto generale, insieme alla sua costituzione, è ben capace, spesso e volentieri, d'ingannare non poco gli altri, che lo prendono sottogamba, errore di stima che in gran parte permette ai procioni di averla innegabilmente vinta anche al cospetto di avversari più grandi e grossi di loro. La forza dei Darkpatch sta proprio negli arti, difatti sono corridori e nuotatori molto svelti. È un giovane di media altezza, per la sua età, né troppo alto, né troppo basso, la cui fisicità e la stessa proporzione delle membra sono oggettivamente armoniose e si sposano bene, fra loro; ha mani piccole e dita lunghe e affusolate, un viso pulito e oggettivamente bello, assolutamente dolce e dai tratti morbidi, un volto fine e lineare, un naso dritto e regolare, bocca piccola ma carnosa, e labbra simmetriche. Il suo volto, anche'esso simmetrico, ha zigomi alti e mascella forte, e seppur di forma circolare è segnato di spigoli che lo rendono a tratti appena squadrato. Gli occhi sono piccoli ma sinceramente espressivi, hanno forma allungata e sono di colore scuro, rispetto a quelli verde/giallo e felini dei Darkpatch, che ha certamente preso per parte materna, ma comunque abili a vedere al buio come quelli dei suo avi, i leggendari procioni che fecero la storia.

    distinctive features
    Il chiaro segno di un morso da parte di suo fratello, avuto nel corso di un litigio avvenuto quand'erano piccoli, spiacevole evento che gli ha lasciato impresso lo sfortunato calco dei denti e le gengive di Laoghaine a metà fra caviglia e polpaccio.
    psychology
    In sostanza, il maggiore dei procioni è un piccolo campioncino di perfezione, il primogenito che ogni genitore desidererebbe avere. Il figliol prodigo, l'assoluto prediletto di Lord Liam Darkpatch, che nondimeno gli fa pesare non poco il proprio ruolo fino a renderglielo gravoso da sostenere sulle proprie spalle, tant'è che talvolta, vorrebbe soltanto poter riuscire a staccare la spina almeno per un po', e sentire meno la pressione che suo padre è ben capace di mettergli addosso, in qualità di primogenito per il quale nutre delle aspettative - cosa che suo fratello non capisce, o non sembra voler capire poiché spesso e volentieri parla a vanvera, a sproposito e senza pensare, senza sapere come le cose stanno davvero -. Tad è buono, giusto e leale, brillante e di bell'aspetto nonché capace, apparentemente, di eccellere notevolmente in ogni cosa faccia o dica, il che se possibile, produrrebbe, e a ragione, un vasto numero di complessi anche nel più ineccepibile ed impeccabile dei fratelli minori, che riuscirebbe a rendere folle d'invidia e di gelosia, scatenando giustappunto la sindrome del quartogenito ( nel caso specifico! ) anche in suo fratello Laoghaine, che lo ritiene un così grande concentrato d'ineccepibile fastidio ed impeccabile perfezione, tale da cacciar fuori, in assoluto, il peggio del peggio di sé alla sua sola vista. Steste a sentire l'immenso mare di stronzate che il mezzano sputasentenze è capace di produrre pur di gettare fango sul maggiore, a detta sua Tad sarebbe nientemeno che la caricatura d'uno stereotipo insulso del ragazzino odioso, irritante, saccente e so-tutto-io. Il procione di mezzo definirebbe suo fratello un impertinente, supponente ragazzino capace di scrutare gli altri da capo a piedi per il solo motivo che suo padre l'ha malauguratamente scelto quale promessa per l'avvenire dei Darkpatch a suo scapito, il che lo fa infuriare non poco, benché il genitore non muti comunque, affatto opinione perfino dinanzi ai capricci del figlio che pesta i piedi per avere quel che vuole. In verità, Tad è quanto più umile possibile e, in tal senso, un concentrato di buone qualità e di pregi che lo rendono il diretto opposto rispetto a suo fratello e a quel calderone malefico e ribollente d'odio ch'è il suo carattere velenoso, in antitesi l'uno con l'altro. In verità, Tad è spesso e volentieri costretto a fingersi tale, ovvero perfetto, per riuscire a sostenere le vaste aspettative paterne, benché il genitore non sia, comunque, affatto pretenzioso o ancor meno bacchettone, col figlio, al contrario, eppure... eppure, evinciamo dal succitato contesto, il fatto che il primogenito in quanto perfetto, è giustappunto, esattamente imperfetto quanto ogni altro essere umano: in fondo, quale superbo figlio di Lord si sognerebbe mai di svergognare sé stesso spaccando legna ai cantieri navali di Long Oar? Esatto, nessuno. Il mero atto dello spaccare legna, rappresenta, per certi versi, una sorta di metafora del suo spogliarsi dei doveri che lo attanagliano, che sembra acquistare senso e maggiore consistenza solamente mentre si trova in compagnia di Brax, la sua migliore amica di sempre, lontano da Washedhands. Il tutto assume effettivamente un altro senso, ben diverso dal mare di falsità sul suo conto che vengono fuori dalla bocca di suo fratello, la bolla di bontà e talenti nella quale sembra essere rinchiuso, ma in realtà c'è molto di più vero in lui, che Brax riesce a vedere, a dispetto degli altri. Il solo fatto che nel mezzo di tutte quelle belle cose, di quel mare di belle parole, sia comparso un apparentemente, lo rende di per sé meno perfetto di quanto realmente venga invece dipinto per bocca d'altri, che gli imputano qualità che non gli appartengono, perché Tad non è affatto perfetto ma da comunque l'irritante impressione di esserlo. Certo, è brillante e bravo con la spada, ma non è affatto perfetto, quello no: nonostante ciò, c'è chi lo definirebbe un'adorabile confettino, assolutamente un ragazzo d'oro, dolce e spontaneo, naturalmente sorridente, genuino, sincero, ironico, divertente, scherzoso, indipendente, coraggioso, passionale, grintoso, curioso, che non si perde d'animo né mai getta la spugna, che non concepisce la resa senza combattere e spesso e volentieri non sembra far caso al fatto di essere un Lord e desidererebbe soltanto essere un comune ragazzino, scevro d'ogni dovere e responsabilità, spoglio di costrizioni e libero di spiccare il volo. Talvolta, conserva una vena melanconica per via di suo fratello che non è capace di altro se non di esacerbargli l'anima e fargli rodere il fegato mentre da di matto lui stesso, esasperandolo, sfiancandolo, sfinendolo a suon di litigi privi di senso al solo fine di farlo arrabbiare per il solo gusto di vederlo andare in escandescenze e godendo del fatto che sembra sempre cascare nei suoi tranelli a senso unico, atti solamente a provocarlo e stuzzicarlo mentre ghigna e si prende gioco di lui, sbeffeggiandolo. Non fa altro che prenderlo per i fondelli, e ciò quasi certamente finirà per farlo esaurire una buona volta. Se solo sapesse che spesso e volentieri ne è geloso e lo invidia, se solo sapesse non lo crederebbe affatto possibile e la riterrebbe una beffa bella e buona, eppure è così. Suo fratello non deve mai curarsi di niente eccetto che di sé stesso, può essere egoista, può fare ciò che vuole, può essere ciò che vuole, non deve mantenere nessuna apparenza, non deve sostenere le aspettative né la pressione paterna, costruire nessuna perfezione apparente, eccellere in ogni cosa faccia o dica perché gli è dovuto farlo. Il peso del ruolo che tanto desidera, non grava sulle sue spalle, non è lui a ricoprirlo. Suo fratello è libero. Quanto vorrebbe potersi concedere di essere altrettanto egoista, ma non gli è permesso farlo. Se esiste un solo difetto fatale capace di condizionarlo non poco, questo è certamente la costante ricerca di perfezione fisica che passa attraverso il metro di giudizio dell'occhio paterno e lo rende, talvolta, un pelo vanesio pur senza scadere nell'eccesso totale, al contrario, per il solo fatto che... non gli piace esattamente apparire, questo no, non è affatto egocentrico come suo fratello, bensì, gli piace più semplicemente essere bello e la bellezza. In quanto primogenito, ci è sempre stato educato, all'abitudine che avere un bel faccino può fare la differenza.

    loves and hates
    Ama parecchie cose, in realtà, e spesso e volentieri non ne fa affatto mistero; gli piace esplorare, camminando di qua e di là, s'interessa di antiche rovine ed è appassionato di storie, racconti ed antiche leggende con protagonisti i personaggi della mitologia dei Primi Uomini, soprattutto con gli Eroi, adora il profumo delle castagne sul fuoco e quello salato del mare, adora nuotare, è innamorato della sensazione che l'acqua gelida gli provoca con la sua carezza sulla pelle, del brivido felino ch'è capace di suscitargli lungo la spina dorsale ogni qualvolta ne sfiori la superficie. Adora il gelo dell'inverno e il cattivo tempo, la neve, l'odore della pioggia e quello ben più pungente del muschio, i temporali e fare lunghe, infinite passeggiate al loro termine, mentre ancora la terra è umida e ogni cosa sa, appunto, di pioggia. Adora la compagnia di Brax e respirare la sua vicinanza, il suo profumo particolare, e spesso e volentieri preferisce Long Oar a Washedhands per il solo motivo che nel primo dei due non viene giudicato né è soggetto ad alcuna pressione, è semplicemente libero di essere chi vuole. Talvolta tuttavia, s'abbandona alla solitudine e l'introspezione, benché la soffra non poco. Adora tenere fra le braccia i suoi fratelli più piccoli, e adora quel birbante di Balerion, il suo furetto, che gli abita praticamente sulla spalla e non lo lascia mai. Ha un'immensa passione per la natura e per l'esplorazione, prerogativa sembra, di tutta quanta la prole dei procioni, compreso Laoghaine, eccetto che per Emer e Maeve. Ama ricevere le premure e le attenzioni altrui, nel ben più ampio senso affettivo del termine. Non gli piace il riflesso di sé stesso e della sua perfezione che vede ogni mattina allo specchio, così come, per certi versi, non gli piace avere il destino segnato e conoscere esattamente cosa ne sarà di lui, un giorno. Essere Lord, gli piace e non gli piace; gli piace perché sa bene, in fondo, che soltanto in tale veste un giorno potrà davvero battersi per riscattare la sua casata, mettendo a tacere chi li chiama ladri, trova in quel ruolo inscritto nel suo destino l'unica possibilità di raggiungere un simile obiettivo, e allo stesso modo non gli piace perché sente di star vivendo una vita non sua, che non gli appartiene del tutto, che non vuole o se la vuole, desidera soltanto in minima parte, che corre incontro più ai desideri e alle aspirazioni paterne che alle sue, di ambizioni, quelle vere e sincere, che lo animano e accendono le sue passioni. Da bambino la cosa lo allettava, e gli aveva messo addosso una certa competizione con Laoghaine, ficcandogli in mente il desiderio di primeggiare, eppure, mai come ora ha smesso di crederci. Preferisce il gusto dell'incertezza, delle cose semplici e la sensazione dell'imprevedibilità, dell'azzardo, della follia del rischio, persino dello sfiorare il pericolo, del correre incontro a una passione, all'amore, al cuore, all'istinto, ad una qualsivoglia impresa. Brax gli ha messo in testa queste e mille altre cose diverse. Odia sentirsi chiamare ladro, e ancor più che i Darkpatch non abbiano la considerazione che meritano da parte del resto delle casate del Nord. Non gli piace litigare e odia arrabbiarsi perché poi lo fa star male, ma se lo fa è perché persone come suo fratello, spesso e volentieri gli provano davvero la pazienza fino a farlo scattare. Odia arrabbiarsi perché non gli piace che suo fratello giochi con la sua mente, odia le sue stoccate acide, le sue battute pungenti, il suo egoismo, le sue tendenze autodistruttive, ogni qualvolta gli sputi addosso che quello è il vero Tad al fine di farlo arrabbiare ancora di più, ma non è affatto così e quella è solamente una falsità bella e buona. Odia suo fratello e il fatto racconti menzogne sul suo conto, odia il fatto di odiarlo e odia anche che Laoghaine s'impegni tanto per riuscire a farsi odiare dal mondo intero. Odia il fatto che suo fratello ritenga ogni cosa lui faccia o dica una falsità, che tutto quanto fuoriesca dalla sua bocca passi sempre e comunque per semplice buonismo e finzione, non importa come, che lo respinga e rifiuti ogni suo tentativo di raggiungere una pacificazione, e spesso riesca persino a trascinare i suoi fratelli più piccoli in tutti i suoi dispetti, sino a metterglieli contro. In compenso, adora invece sua madre; un amore viscerale lega Lady Orla Reed al suo primogenito, in quanto primo, giustappunto. Sua madre, tenta praticamente da sempre di strappare l'odio dai cuori dei due procioni, da che erano bambini, così desiderosa di vederli avvicinarsi e fare la pace, eppure non riesce mai nell'impresa e se ne dispiace; la cosa l'addolora il che fa soffrire non poco anche lui, insieme a lei, che sente di essere come impotente dinanzi alla remota radice di quell'odio che oramai ha preso possesso del fratello e non vuole lasciarlo, così desideroso, invece, di tenerlo fuori, lontano dalla sua vita. Adora come le mani piccole e calde di sua madre gli carezzano il ciuffo, come piene d'amore e di calore gli sfiorano il volto, come i suoi occhi e la sua bocca gli sorridano sempre. Adora le assurde storie e le fantasticherie di suo zio Nevan, sentirgliele raccontare alla sua maniera particolare, la sua vena comica capace di scatenare sempre l'ilarità generale, adora i suoi fratellini più piccoli e quando lo supplicano di portarli sulle spalle o fargli fare cavalluccio sulle ginocchia, adora sua nonna e la sua maniera di rimbeccare sempre tutti quanti, il suo essere sempre piena d'amore per i nipoti ai quali insegna ad essere forti e coraggiosi in ogni caso e a non lasciarsi abbattere dalle sventure. Vuole un gran bene anche a suo fratello Emer e a sua sorella Maeve, sebbene il primo, da sempre troppo preso a stare col naso sui libri, quasi lo ignori e non lo degni d'altro se non che di semplice e mera circostanza, ma niente più di ciò. Mai niente più di ciò. Oltretutto, il fatto che somigli terribilmente a Laoghaine - che nondimeno deve averci ficcato lo zampino per mettere zizzania fra il gemello e il primogenito - non aiuta affatto i due a legare. Maeve, al contrario, è un po' un fiore delicato, è buona, ma la solitudine l'ha come appassita, l'ha resa fragile e di salute cagionevole, eppure non si arrabbia mai con lei per questo, e come potrebbe? Non ne è capace. Non ne sarebbe mai capace. Fattosta che ha cercato di rendergli amica Brax, ben più di una volta, eppure non è mai riuscito nel suo intento di convincerla a lasciare la sua stanza, nella speranza che il suo entusiasmo per la vita e la sua vivacità la contagiassero, finalmente, ma ciò non è mai accaduto.
    se cominci a scappare non ti fermi più. li affronti, ti ribelli. Devi andare avanti lo stesso, no?

    To be worthy does not mean to be perfect

    Quando Lady Orla Reed di Torre delle Acque Grigie aveva sposato Lord Liam Darkpatch di Washedhands, improvvisamente, la sua stretta parentela col celeberrimo fratello Howland, noto per aver preso parte all'impresa di Ned Stark alla Torre della Gioia, era come svanita, sfumata, cancellata, inesistente, tanta era la considerazione che realmente il Nord e il resto delle Casate maggiori avevano dei procioni, eppure, di questo a lei non era mai importato niente, nemmeno mentre pronunciava i voti che l'avrebbero legata per sempre al consorte, non le importava che fossero ritenuti ladri, menchemeno che avessero autorità pari a zero, a confronto degli Stark di Grande Inverno e del loro metalupo, o dei Mormont di Isola dell'Orso, e le importò ancora meno di ciò, quando al suo confronto ricevette, invece, la ben più lieta novella di essere in dolce attesa, che il marito le aveva dato un figlio e ben presto sarebbe diventata madre. La donna, incintissima ormai, aveva aspettato, agognato, lungamente desiderato il suo primogenito per nove mesi, bramando di stringerlo finalmente fra le braccia mentre le rotondità del suo ventre crescevano sempre più e intanto la sua voce, morbida come velluto, lo cullava nel grembo materno a suon di carezze. Quando il primogenito di Lady Orla Reed, infine venne al mondo, il suo pianto, il suo primo, sonoro vagito, che quel giorno aveva stemperato il gelo impietoso dell'inverno, resero immensamente felici i novelli genitori, il cuore che scoppiava loro di gioia. Il parto, venne funestato da non poche complicanze, lungo il corso dei nove mesi, quasi il fato avverso non volesse che quel bambino venisse al mondo. Canuti maestri e speziali d'ogni genia si strinsero attorno alla donna per visitarla, pagati innumerevoli dragoni d'oro da Lord Liam Darkpatch, incurante di sborsare ogni sorta di cifra fosse necessaria a guarirla, suggerendole rimedi d'ogni sorta e porgendole del latte di papavero per lenire il dolore lancinante delle contrazioni. Eppure, quel bambino non voleva affatto sentire ragione, né voleva saperne di non nascere, era testardo, cocciuto come pochi altri e aveva una volontà ferrea ancor prima di venire al mondo, tant'è che insieme alle spinte, le grida e i lamenti della genitrice, provata, sfiancata nel dolore del parto, infine il neonato, paonazzo in volto, vide l'agognata luce. Il piccolo e la madre, insieme, erano riusciti a compiere la tragica impresa. La donna gli mise il nome di Tad, cui la lingua ancestrale dei Primi Uomini attribuisce il suono onomatopeico dello zompettio di un piccolo animale. Lord Emer Darkpatch fece a malapena in tempo a tenerlo sulle ginocchia malferme e traballanti, prima di morire, ma Lady Enya, sua moglie, lei sì che in compenso aveva assistito la nuora col suo fare amorevole, cullando il neonato fra le braccia e stringendolo contro il petto, intenta a cantargli canzoni e a raccontargli fiabe, soffiando nenie a bassa voce per farlo addormentare la notte o smettere di fargli fare i capricci. A detta di molti, nel castello, il maggiore dei procioni era ritenuto il più bel bambino di Washedhands, quello tenace e coraggioso, che se l'era vista davvero brutta e per poco, per pochissimo, in realtà, quasi non era nato, tant'è che la lady sua madre riceveva non pochi complimenti, vivi e sentiti, per averlo messo al mondo. In sostanza, Tad era un piccolo campioncino di perfezione, il primogenito che ogni genitore desidererebbe avere. Il figliol prodigo, l'assoluto prediletto di suo padre. Sua nonna l'adorava, sua madre l'adorava, suo padre l'adorava. Tutti quanti l'adoravano, e auguravano a quel bambino il meglio del meglio, in ogni caso. L'apprensione di Lord Liam Darkpatch, aveva costruito una vita intera, attorno a lui, interi castelli di doveri, riempiendogli la testa di storie di cavalieri fin da bambino. Tad conosceva a menadito i nomi delle casate e i fregi delle bandiere, ma il maggior insegnante a sua disposizione, in ogni caso era sempre suo padre. Il signore dei procioni, smaniava di avere un figlio perfetto in ogni senso possibile. Aveva cominciato ad allenarsi in tenera età, in breve, da che suo padre aveva giustappunto ritenuto opportuno mettergli in mano una spada - e badate bene, non un semplice giocattolo di legno per bambini che si dilettano fingendosi paladini in armatura, bensì una solida lama d'acciaio, appuntita e pericolosa, affilatissima e capace di ferire gli altri - e affidargli un maestro d'armi che potesse insegnargli come utilizzarla al meglio di sé stesso, cacciando fuori tutto quanto il suo potenziale, benché Tad fosse ancora piccolo, troppo forse, per riuscire anche solo a brandirla come invece avrebbe dovuto saper fare. Col senno di poi e al contrario di quanto ci è dato credere o anche solo pensare, Tad non era sempre stato la versione migliore dì sé stesso, e suo padre era stato il primo, nonché il solo ad avercelo, malauguratamente, spinto dritto-dritto, costringendolo, apparentemente, almeno, ad eccellere notevolmente in ogni cosa facesse o dicesse, ad indossare una sorta maschera, costruendogli attorno una vita che non gli apparteneva, una vita non sua, che in fondo non voleva e se la voleva, desiderava solamente in minima parte, che correva incontro più ai desideri e alle aspirazioni paterne che alle sue, di ambizioni. Tad era il suo campione, colui che un giorno desiderava di vedere gareggiare dando mostra di sé, in importanti giostre e tornei. Tad era la sua creatura, vi riponeva ogni sua aspettativa. Il lord suo padre non era affatto cattivo, menchemeno bacchettone, eppure teneva al suo primogenito più di ogni altra cosa, non esisteva cosa più importante di Tad e della sua istruzione. Voleva farne una promessa, un'eccellenza, una speranza per l'avvenire dei Darkpatch, ne era geloso, ne andava fiero ed orgoglioso e aveva l'assoluta intenzione di aiutarlo a diventare, crescendo, la versione migliore di sé stesso, a raggiungere la perfezione, di insegnargli, educandolo e impartendogli importanti lezioni. Ogni cosa facesse o dicesse, passava sempre attraverso il severo metro di giudizio dell'occhio paterno. Suo padre, amava i suoi figli tutti quanti allo stesso modo, eppure per il suo primogenito sembrava quasi avere, sempre, un occhio di riguardo in più, una maggiore attenzione ma anche maggior severità, talvolta. Suo padre non esitava a sgridare gli altri, a rimproverarli, a svergognarli pur di difenderlo a spada tratta, pur di proteggerlo. Tad aveva sempre vissuto in catene, eppure, da bambino non l'aveva mai capito, gli piaceva primeggiare, sfidare gli altri e vincere, competere, farsi guardare, ma soprattutto farsi bello. Era abituato, ormai, a sentirsi ripetere di essere un bel bambino, a ricevere attenzioni, ma non era mai stato capriccioso. Mai un capriccio, mai nulla. Niente di niente. Crescendo, tuttavia, aveva abbandonato le futilità per capire che le cose importanti erano ben altre, ma la più importante non cambiava, la più importante era sempre la stessa, e tale sarebbe rimasta: il suo desiderio di essere Lord di Washedhands, un giorno, deciso a lottare per ottenere l'ambito riscatto dei Darkpatch. Crescendo, altre cose si fecero largo in lui. Suo padre non fece una piega, quando a soli due anni dopo la sua nascita, sua madre diede alla luce Emer e Laoghaine. Suo fratello, sembrava stranamente avere una sorta di avversione, per lui, fin dal principio; non aveva ricordo che fosse mai stato diversamente. In fondo, i due non si erano mai davvero voluti bene come fratelli, nemmeno da bambini, e fratelli, non era certo sinonimo di amore, per loro, in ogni caso. Suo fratello non faceva altro che spingerlo, e morderlo, e riempirlo di lividi. Tad era ancora troppo piccolo per capirne la ragione, eppure riusciva a sentire, in cuor suo, che qualcosa in suo fratello non andava, che era profondamente sbagliato e l'aveva reso cattivo e insofferente. Certo, non era sempre stato così, c'era stato un tempo in cui Laoghaine era diverso, ma Tad non ne aveva memoria e ciò che sapeva, era soltanto che ora lui l'odiava, lo riteneva fastidioso e insopportabile, nientepiù che un avversario da sconfiggere. C'era stato un'episodio, una volta, fra suo padre e suo fratello, aveva sentito raccontare, episodio che li aveva allontanati, ma niente più di questo. Tad era sempre stato un bambino buono, eppure con Laoghaine doveva essere stato odio a prima vista, ma proprio tanto, non c'era altra spiegazione; suo fratello era negativo, e l'aveva contagiato col suo odio. Rispetto a suo fratello e a quel calderone malefico e ribollente d'odio ch'era il suo carattere velenoso, Tad era un concentrato di buone qualità e di pregi. I due non facevano che litigare e farsi dispetti a oltranza, sputarsi veleno addosso e sbattersi in faccia quanto l'uno non potesse soffrire la presenza dell'altro. Si punzecchiavano, e alle provocazioni seguivano non solo scontri verbali, bensì spesso e volentieri e quando i due davano seriamente in escandescenze, anche piccole risse che li coprivano non solo di lividi, ma anche di ridicolo, gli occhi di tutta quanta la piazza d'armi intenti a guardarli. Chiaramente suo fratello, il procione nero di famiglia, non lo poteva vedere, né lo poteva sopportare, il che se possibile lo faceva arrabbiare ancor di più perché non capiva, non capiva la radice di tanto odio da parte di Laoghaine, e raggiungerlo era impossibile se lui aveva deciso di tenerlo fuori dalla sua vita. Ogni sorta di tentativo avesse mai osato fare per avvicinarlo, era fallito, o peggio concluso in tragedia. Tad non veniva mai creduto, ogni cosa facesse o dicesse per tentare un approccio con suo fratello, passava per falsità o buonismo, e scaturiva in prese per i fondelli da parte di lui, che lo sbeffeggiava e se possibile lo disprezzava ancor di più dopo ogni, ennesimo tentativo da parte dell'altro, che nondimeno lo faceva sentire immensamente stupido a tentare qualcosa che in fondo, Laoghaine non voleva affatto, minimamente. Niente era mai riuscito a unirli davvero, nemmeno l'incidente di Niall o la malattia di Maeve. Mai niente di niente. Crescendo, la situazione era peggiorata sempre più, e l'odio fra i due s'era acuito tanto, ingigantendosi al punto tale che ormai non si parlavano, né quasi si guardavano in faccia, a meno che non fosse strettamente necessario farlo, facendosi l'immenso favore di evitarsi per il bene comune, il che era meglio per tutti quanti, a Washedhands. La sola persona in vita sua, capace davvero di smorzare la tensione con suo fratello e stemperare tutto quell'odio e quella rabbia che minacciavano di non volerlo lasciare mai, era Brax Stiofan. Brax era la sua migliore amica di sempre, in tutto e per tutto sua sorella, la sua confidente. Brax era capace di essere ogni cosa lui volesse, di trasformarsi in ogni cosa lui avesse bisogno. Era capace di renderlo felice, di farlo sorridere, gli aveva mostrato cose che prima di allora non lo avevano nemmeno mai sfiorato, cose belle. Cose bellissime. Lo aveva aiutato a capire cosa volesse davvero, cosa volesse essere. Lo aveva reso ribelle come non era mai stato. Le Stiofan di Long Oar, erano state la sua salvezza, in fondo. Brax aveva completamente rivoltato il suo mondo, lo aveva rovesciato sotto-sopra, l'aveva reso migliore. Aveva reso lui, migliore di prima. Improvvisamente, lo aveva liberato delle catene che suo padre gli aveva messo addosso, gli aveva mostrato che in verità c'era molto altro in lui, e che se non gli piaceva più il riflesso di sé stesso che vedeva allo specchio poteva adoperarsi e lottare per cambiarlo, calare la maschera e smettere di fingersi perfetto soltanto per compiacere suo padre. Tu non sei così, puoi essere migliore... i due erano complici, ogni cosa l'uno per l'altra. Se Tad aveva smesso di essere la versione migliore di sé stesso, per diventarne una ancora migliore ma senza le catene paterne addosso, era assolutamente merito di Brax e di nessun'altro al mondo. E poi c'era stato il matrimonio. Altra cosa che suo padre aveva deciso per lui, altra cosa che suo fratello era ben intenzionato a distruggere, altra cosa per cui non aveva avuto alcun genere di potere, né alcuna voce in capitolo. La questione gli era stata, volente o nolente, semplicemente posta una volta che la decisione era già stata sancita, e non presupponeva affatto un no come risposta. Suo padre non s'era nemmeno curato di chiedere a lui cosa volesse davvero, magari prendendolo da parte per conoscere la sua opinione, prima di darlo in sposo ad una sconosciuta, o peggio, disporre affinché venisse mandato quanto prima a Isola dell'Orso, lasciando Washedhands per conoscere la sua promessa sposa, Jorelle Mormont, e intraprendere a tempo debito il cavalierato divenendo un protetto di Lady Maege. Suo padre affermava che un'alleanza con Isola dell'Orso sarebbe stata utile alla casata per ripulire il nome dei Darkpatch, affinché acquistassero, finalmente, la considerazione che meritavano da parte del Nord e del resto delle Casate maggiori, che partire, staccare la spina per un po' e allontanarsi da Washedhands gli avrebbe fatto bene, che avrebbe potuto imparare molto al fianco dell'Orsa, che i Mormont erano un esempio importante, eppure... eppure a lui, una volta tanto non fregava niente di niente di quel che pensava suo padre a riguardo. Per una volta, una sola, in vita sua, non vedeva perché mai non calare la maschera di perfezione che aveva sempre portato addosso per sbattere in faccia al genitore la verità, ovvero, che non gli andava affatto di sposare una sconosciuta e lasciare i suoi affetti, compresa Brax, mandando in malora la sua vita, ogni altra cosa di cui gli importasse davvero soltanto per compiacerlo, cacciando fuori il suo spirito ribelle.
    thomas mcdonell - @mya, only for game of thrones gdr


    Edited by husband to bears - 20/9/2017, 17:48
     
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  2. first raccoon
     
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    to be worthy does not mean to be perfect
    It started out as a feeling, which then grew into a hope, which then turned into a quiet thought which then turned into a quiet word. And then that word grew louder and louder, until it was a battle cry, I’ll come back, when you call me, no need to say goodbye.
    And she–she would love him for ever. And even though he knew it not, surely such love would hover around him all his life, not understood but dimly felt, guarding him from ill and keeping from him all things of harm and evil.

    ● ● ● ●

    Grande Inverno, 307 AC

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    Poco prima di morire e varcare i Sette Cancelli, il vecchio e borbottante Lord Emer ebbe parole per tutti loro. “Vieni, Tad. Più vicino.” Quando il prediletto fu a portata d'orecchio, il Lord Procione esalò, inudito, a bassissima voce, la sua ultima volontà. Poi spirò, circondato dal calore di figli e cari nipoti. “Prometti.” Soffiò, e Tad aveva promesso, nonostante tutto, nonostante le sue stravaganze, non potendo in alcun modo sottrarsi agli occhi vacui di suo nonno, che lo guardavano senza nemmeno vederlo, ormai più dall'altra parte, il palmo stretto nella sua presa debole e malferma, desideroso di offrirgli una buona morte. “Il Nord ricorda.”
    “Non è abbastanza!” La furia paterna s'abbatté con veemenza contro la lignea superficie del lungo tavolo ove suo padre sedeva, lo stallo del Lord di Washedhands tremò, scricchiolò sotto al peso del suo signore, pizzicato nell'orgoglio. Tad era ben a conoscenza della permalosità di suo padre, come se all'improvviso avesse raggiunto il suo personale limite di sopportazione e ne avesse avuto abbastanza d'esser messo da parte, passandogli sott'occhio l'ennesima missiva spiegazzata, giunta su ali brune e vergata dalle erudite mani d'un maestro in una grafia sottile e ondulata, ch'esprimeva fermezza.
    “Andrai a Grande Inverno.” Più andava avanti con l'età, più cominciava spaventosamente ad assomigliare al vecchio e borbottante lord Emer con le sue stranezze, nel logorante desiderio di affiorare dal dimenticatoio che aveva preso a consumarlo inesorabilmente negli ultimi anni della sua vita. E tanto fece che in breve, fra raccomandazioni e preparativi, prese la via per il seggio di casa Stark, seguitando in capo all'esigua guarnigione voluta da suo padre per lui, quelle mezze facce tutte dipinte di nero, dal mezzo naso fino alla cima della fronte, gli occhi cerchiati di buffe pitture, istruiti a dovere da Liam Darkpatch in persona, che diede loro precise istruzioni su cosa fare, e tenne un breve eppur galvanizzante discorso d'incoraggiamento prima della partenza. Piuttosto che un rispettabile drappello d'uomini d'una rispettabile casata come invero ci si sarebbe aspettati, quegli strambi alfieri di casa Stark che reggevano vagolanti vessilli con teste di procione su sfondo bianco e nero che garrivano svolazzanti nel gelido e pungente vento del Nord, avevano tutta l'aria d'essere una scompagnata banda di fenomeni del baraccone d'un circo itinerante e non potevano essere il più lontani possibile nell'aspetto dal resto dei loro conterranei nordici, lord e signori di grandi casate come gli Stark che invero non sembravano avere grande considerazione di loro, per non dire assolutamente nessuna.
    Chissà mai se suo nonno, ovunque fosse allora, era fiero di lui, piccolo pioniere, primo del suo nome a recarsi a Grande Inverno dai tempi immemori dei suoi antecessori, di veder realizzare la propria volontà per conferire pregio e donare nuovo lustro alla propria casata, suo più grande desiderio, sottrarla alla croce dell'oblio e ricordare a Re Robb che i Darkpatch erano ancora amici degli Stark anche se il metalupo pareva ormai essersi dimenticato di loro, incoronati da Lord Rickard, fautore d'una casata senza lode né infamia, derisa e bistrattata da tutti i Sette Regni, concedendo loro terre, titoli e ricchezze tali da investire nella costruzione d'un castello sulla punta più estrema del Drago Marino, ricompensandoli per il coraggio dimostrato con un nome che li caratterizzasse. Chissà mai se lei, lo era di lui, dopotutto, nonostante tutto. Nonostante ciò che di proibito aveva tutto il sapore, occorso fra loro tempo prima, tra gli alberi pallidi dell'inverno e la boscaglia candida, al cospetto di antiche divinità, ben lontano dalla placidità che un amicizia doveva donare.

    L'arrivo a Grande Inverno d'una simile compagnia così male in arnese, di uomini tutti bardati, piccoli procioni in livrea bianca e nera e che niente parevano avere di che spartire coi loro conterranei per costituzione ed aspetto così estranei e dissimili agli uomini del Nord, aveva destato la ridarella dei soldati, i mormorìì e la curiosità delle genti di quel luogo che Tad guardava invece con grande stupore e curiosità, riempiendosi lo sguardo di meraviglia per l'architettura e l'incanto di quelle antiche costruzioni, di volti misconosciuti di cui ignorava la provenienza, fremiti di vite che gremivano quella piazza d'arme fervente d'attività, in qualche modo onorato di trovarsi presso quel seggio ancestrale dimora di Antichi Déi e selvatici ululati, proprio nel pieno dell'ora del lupo che ferina era infine tornata a scoccare. E pur affezionato al pensiero confortevole di casa e di tutto ciò che di caro aveva là, di volti amici, l'idea di stabilirsi per qualche tempo a Grande Inverno non lo dispiaceva affatto.

    Durante la sua permanenza presso gli Stark, aveva accantonato il pensiero di Brax non per il piacere di dimenticare, piuttosto come affievolito nello splendore delle architetture in pietra battuta che avevano travolto il suo sguardo di antiche bellezze. Là non v'era il tempo di darsi il tormento come a Washedhands, né ombra di quiete, così tanto da fare, così tanto da vedere, mai abbastanza da esplorare, fra passaggi brulicanti e volti misconosciuti, e non vedeva l'ora di dirlo a lei, com'era diverso. “Non è come qui.” Il mondo a valle, oltre le terre conosciute dai suoi occhi, era tutt'altra cosa, un'avventura di quelle che piacevano a loro. Avrebbe tanto voluto mostrarglielo, un giorno. Non poterle raccontare né dividere con lei quell'esperienza come aveva sperato nei suoi giri d'esplorazione, lo distruggeva. A loro, creature semplici, piaceva tutt'altro: scalare, esplorare, insieme sognavano il mare e l'avventura, gli scheletri delle navi in costruzione, scansando le responsabilità in preda allo spirito ribelle e testardo tipici dell'adolescenza, lungi da re e regine. A casa non succedevano quelle cose, molti di loro non conoscevano nemmeno il campo di battaglia, non avevano idea dello strazio di un corpo morente. Genti semplici, vivevano di pesca e falegnameria, non si facevano la guerra, il gioco del trono era loro del tutto estraneo. Nessuno di loro conosceva il terrore dell'uomo scuoiato, l'orrore di Ramsay il sadico, grato alla misericordia della Madre per aver scansato dai loro capi un simil fardello come la scure del Bastardo di Bolton ch'aveva falciato il Nord. Pregò gli Antichi e Nuovi Déi perché Re Robb vivesse il più a lungo possibile per mantenere la pace.

    Un pallido sole risplendeva solenne quel giorno, luccicando debolmente dietro a fioche nuvole bianche, invero continuava a tentennare nel farlo, offuscato da plumbeo grigiore mentre lui, in quella sua stanzetta, si crucciava, si struggeva, straziato nel profondo, intingendo più e più volte il pennino nell'inchiostro fino a farlo asciugare insieme ai suoi pensieri, osservando il fioccare silenzioso attraverso le finestre, in preda alla disperazione per l'assenza d'ispirazione. E così, a ridosso d'un piccolo ma focoso caminetto che soffiava calore, se ne stava là, immobile in quell'alcova confortevole, la seggiola scricchiolante sotto al suo peso e i gomiti poggiati contro la superficie dello scriptorium, a sbuffare fra i fogli di pergamena appallottolati per esasperazione, più che mai desideroso di trovare le parole giuste per raccontare a Brax di quell'esperienza e portarle le sue sensazioni, le sue emozioni, speranzoso che la neve, che ormai fitta cadeva un giorno sì e l'altro anche e s'ammassava in ogni dove, appesantendo le fronde ormai bianche, in qualche modo gli portasse consiglio insieme al candore del paesaggio, in quei tempi freddi. Rammentandosi dell'amore che entrambi avevano, da bambini, per i giochi candidi, dal battagliare a palle di neve al fare le figure fra i cumuli luccicanti, capace di far affiorare in lui un sorriso nel placido torpore e l'intimità di quelle pareti. Dividere con lei ogni cosa, dal suo aggirarsi silenzioso fra i sepolcri dei Re dell'Inverno, pregando le antiche statue, esemplari, di Eddard, Brandon, Lyanna... e Rickard, il benefattore dei procioni, dai volti imperituri, ai suoi innumerevoli giri d'esplorazione, scivolando di corridoio in passaggio. Voleva che Brax avesse tutto, non le avrebbe risparmiato alcun dettaglio pur di renderla presente e partecipe di quel prezioso vissuto, riportandole ogni cosa con attenzione ed esattezza, le avrebbe dato i suoi occhi pur di riuscirvi. Dopotutto, non v'era molto altro da fare in quei giorni, con suo sommo dispiacere. Faceva troppo freddo per mettere il naso fuori, eccetto in rare occasioni, e la neve, seppur venisse spalata dalle vie principali in cumuli a ridosso di abitazioni e costruzioni, pareva non finir mai e rendeva tutto quanto più ostico e impraticabile, faceva di loro degli ostaggi in trappola, dando scacco alle genti di Grande Inverno che tuttavia, infaticabili non s'arrendevano e affrontavano il gelo inclemente che pungeva loro i volti ogni giorno. Temerari, non sembrava scalfirli troppo, così ben imbacuccati. A malapena, oltre la linea dell'orizzonte si riusciva a scorgere città dell'inverno e le sue schiere ordinate di piccole abitazioni in legno e pietra cruda, coi loro tetti spioventi, insieme ai sottili nembi di fumo dei focolari.

    Lasciò andare il pennino e s'arrese all'assenza di parole per esprimere la propria contentezza, più che sicuro che al momento giusto le avrebbe trovate. Bastava lasciar correre un istante, affinché l'ispirazione ritrovasse la via. Dunque si sporse in avanti, verso le braci e i ceppi scricchiolanti, sfregando i palmi per scaldarsi, raccogliendo pensieri e parole nel silenzio, in un momento di fragilità e riflessione. Osservò le lingue di fuoco gareggiare come una torma di topolini rossi, mentre un brivido gelido gli correva lungo la schiena, repentino come un fulmine a colpire.
    Ripercorse in retrospezione ciò che di proibito aveva tutto il sapore, occorso fra loro tempo prima, tra gli alberi pallidi dell'inverno e la boscaglia candida, al cospetto di antiche divinità, ben lontano dalla placidità che un amicizia doveva donare. S'accarezzò le labbra piene coi polpastrelli, disorientato, leggermente, lentamente.
    L'inverno parve come calare su di lui col peso delle sue nevicate, e d'improvviso il gelo se ne impossessò fino alle ossa, lasciandolo esangue in preda a sudore freddo ed emozioni ribollenti, troppo grandi per poter essere comprese, calore che gli risalì lungo ogni estremità del corpo, viscere che si torcevano, gli occhi sbarrati per lo stupore, in ginocchio nella neve umida. S'era sentito accaldato, leggero, in preda a una sensazione travolgente. Fu... intenso ed emozionante, la furia di quel gesto stravolse completamente il suo mondo interiore, portando chiarezza e confusione allo stesso tempo, nello stesso momento, falciate di tempesta e sferzate d'orgoglio che infuriavano nel suo essere spirando verità ineffabili. Quel bacio aveva tutto, forza, impeto, potenza, prepotente, sapeva di confidenza, capace di ardergli la gola e asciugargli la bocca insinuando fra le sue labbra il sapore dolceamaro di lei a fronte di quell'improvviso intorpidimento di sensi, spazzando ogni consapevolezza. Stimolante, spontaneo, lo sopraffaceva, pizzicando corde mai conosciute prima ma molto delicate, alla luce di quel contatto dal sapore inaspettato ed aspettato, voluto e non voluto allo stesso tempo, audace, testardo, impertinente. Portava dolore, addii e separazione. Soffocante e liberatorio insieme. V'era stata tensione, fra loro, s'era sentito bruciare dentro come in preda a un inestinguibile incendio d'adrenalina. L'assaporò con piacere istintivo, sottile, dipinto negli occhi chiari, nell'incoscienza più assoluta. Espressione degli sconvolgimenti che lo attraversavano, del subbuglio dentro di lui, consumando il momento troppo in fretta per i suoi gusti. Fu... morbido e dolce, gli trasmise un sentore di possesso trovando sfogo nel suo petto.
    Non fu capace di sottrarsi a lei, non ebbe modo, rapito da quel gesto lungi da premeditazione, padrona di entrambi, di fare di lui ciò che voleva.

    Immaginò d'andarle appresso, immediatamente, correre a perdifiato nella foresta fin quasi a rimanere senza respiro e senza voce a forza di chiamare il suo nome nel vento senza mai voltarsi indietro, ma non corse abbastanza. Non correva mai abbastanza, nei suoi sogni, no.
    Immaginava di ritrovarla e riprenderla, d'afferrarla e attirarla a sé, riversarle addosso lunghi sguardi, infiniti silenzi, poi fiumi di parole, là fra gli alberi, tacite sentinelle, in preda all'istinto. Vicini, troppo vicini, poi il buio sotto alle sue palpebre s'assottigliava sempre più, e allora comprendeva quanto la sottile linea attraverso l'orizzonte fra realtà e fantasia fosse labile, dopotutto.
    Invero, era rimasto immobile, come inerte, mentre lei svaniva oltre le fronde ormai bianche di neve, in preda ad una fuga repentina per sottrarsi al suo giudizio e la sua comprensione, i suoi interrogativi e perplessità. Lontana da tutto, lontana da lui. D'improvviso, ogni cosa lo circondasse nel candore di quel paesaggio, rallentò come in battuta d'arresto, poi riprese a correre più veloce di prima, ma di lei allora non v'era più traccia, soltanto il cucciolo di metalupo stretto fra le sue braccia e il cuore matto nel suo petto, furono capaci di restituirgli la concezione temporale del luogo, suggerendogli che quel momento era esistito per davvero. Non l'aveva immaginato né inventato, lungi da improvvisi sforzi di fantasia. Voleva lasciargli qualcosa di sé, un bel ricordo, un segno, un simbolo. Sicurezza, prima che lui s'allontanasse, assestando una dura batosta al suo orgoglio.
    C'era riuscita. Le promesse erano spezzate, ma lei non sapeva. Non aveva idea.
    “Non mi sposo più!” Provvidenziale, la notizia era giunta poco prima della repentina partenza per Grande Inverno, poco lieta al Lord Procione suo padre, sollevandolo da quel dovere a cui non voleva adempiere, tuttavia non v'era stato né il tempo né il modo di dirle tutto a parole. Allora, quella verità giaceva sepolta con lui, nella neve di Grande Inverno fino al suo ritorno a casa.
    Provava tutt'altro che tranquillità addosso, la sua mente spinta al più feroce dei galoppi, che spense del tutto in lui la frenesia d'impugnare i propri pensieri e imprimerli su carta per farli arrivare sino a lei.

    La vera amicizia non consiste nell’essere inseparabili,
    ma nell’essere in grado di separarsi senza che nulla cambi.

    ▶ Sometimes home isn't a place, it's two eyes and a heartbeat ◀
    hxQbhZX
    synchronization memories
    ▐▐▐▐▐▐ 02.01.17 - I tre piccoli bruti -- Tad w/ Ronan & Laoghaine
    ▐▐▐▐▐▐ 03.11.16 - The ones we love [...] -- Tad & Brax
    ▐▐▐▐▐▐ 31.07.17 - Procioni a Grande Inverno -- Tad & Il Flint
    ▐▐▐▐▐ xx.xx.xx - titolo della role in corso -- Nome pg & Nome pg
    ▐▐▐▐▐▐ xx.xx.xx - titolo della role in corso -- Nome pg & Nome pg
    ▐▐▐▐▐ xx.xx.xx - titolo della role in corso -- Nome pg & Nome pg
    ▐▐▐▐▐▐ xx.xx.xx - titolo della role in corso -- Nome pg & Nome pg
    ▐▐▐▐▐ xx.xx.xx - titolo della role in corso -- Nome pg & Nome pg
    I'm an apostrophe, I'm just a symbol
    to remind you that there's more to see
    ◀ Only a heart can reach another heart ▶
    ©Pensive by Amphetamines' - Vietata la copia anche parziale.



    CODICE
    <div style="width: 500px; background-color: #111; padding: 10px; font-family: georgia; font-size: 12px; line-height: 13px; text-align: justify; color: #555; border: 4px solid #171717"><div style="border: 3px double #393d4b; padding: 10px"><div style="text-align: center; font-size: 25px; margin-bottom: 10px; margin-top: 5px; color: #888; text-transform: lowercase">to be <i>worthy</i> does not mean to be <b><span style="color: #393d4b">perfect</span></b></div> <div style="background-color: #1b1b1b; padding: 10px; margin-bottom: 5px"><div style="font-size: 11px; line-height: 11px; color: #777; margin-bottom: 5px"><div style="font-size: 65px; float: left; margin-right: 5px; padding-top: 20px; color: #888">“</div>It started out as a feeling, which then grew into a hope, which then turned into a quiet thought which then turned into a quiet word. And then that word grew louder and louder, until it was a battle cry, I’ll come back, when you call me, no need to say goodbye. </div> <i>And she–she would love him for ever. And even though he knew it not, surely such love would hover around him all his life, not understood but dimly felt, guarding him from ill and keeping from him all things of harm and evil.</i><p align="center">&#9679; &#9679; &#9679; &#9679;</p><p align="right">[size=1]<i>Grande Inverno, 307 AC</i>[/size]</p><div style="float: left; margin-right: 5px">[img]https://i.imgur.com/LXuPX4K.gif[/img]</div>Poco prima di morire e varcare i Sette Cancelli, il vecchio e borbottante Lord Emer ebbe parole per tutti loro. <i>“Vieni, Tad. Più vicino.”</i> Quando il prediletto fu a portata d'orecchio, il Lord Procione esalò, inudito, a bassissima voce, la sua ultima volontà. Poi spirò, circondato dal calore di figli e cari nipoti. <i>“Prometti.”</i> Soffiò, e Tad aveva promesso, nonostante tutto, nonostante le sue stravaganze, non potendo in alcun modo sottrarsi agli occhi vacui di suo nonno, che lo guardavano senza nemmeno vederlo, ormai più dall'altra parte, il palmo stretto nella sua presa debole e malferma, desideroso di offrirgli una buona morte. <i>“Il Nord ricorda.”</i>
    <i>“Non è abbastanza!”</i> La furia paterna s'abbatté con veemenza contro la lignea superficie del lungo tavolo ove suo padre sedeva, lo stallo del Lord di Washedhands tremò, scricchiolò sotto al peso del suo signore, pizzicato nell'orgoglio. Tad era ben a conoscenza della permalosità di suo padre, come se all'improvviso avesse raggiunto il suo personale limite di sopportazione e ne avesse avuto abbastanza d'esser messo da parte, passandogli sott'occhio l'ennesima missiva spiegazzata, giunta su ali brune e vergata dalle erudite mani d'un maestro in una grafia sottile e ondulata, ch'esprimeva fermezza.
    <i>“Andrai a Grande Inverno.”</i> Più andava avanti con l'età, più cominciava spaventosamente ad assomigliare al vecchio e borbottante lord Emer con le sue stranezze, nel logorante desiderio di affiorare dal dimenticatoio che aveva preso a consumarlo inesorabilmente negli ultimi anni della sua vita. E tanto fece che in breve, fra raccomandazioni e preparativi, prese la via per il seggio di casa Stark, seguitando in capo all'esigua guarnigione voluta da suo padre per lui, quelle mezze facce tutte dipinte di nero, dal mezzo naso fino alla cima della fronte, gli occhi cerchiati di buffe pitture, istruiti a dovere da Liam Darkpatch in persona, che diede loro precise istruzioni su cosa fare, e tenne un breve eppur galvanizzante discorso d'incoraggiamento prima della partenza. Piuttosto che un rispettabile drappello d'uomini d'una rispettabile casata come invero ci si sarebbe aspettati, quegli strambi alfieri di casa Stark che reggevano vagolanti vessilli con teste di procione su sfondo bianco e nero che garrivano svolazzanti nel gelido e pungente vento del Nord, avevano tutta l'aria d'essere una scompagnata banda di fenomeni del baraccone d'un circo itinerante e non potevano essere il più lontani possibile nell'aspetto dal resto dei loro conterranei nordici, lord e signori di grandi casate come gli Stark che invero non sembravano avere grande considerazione di loro, per non dire assolutamente nessuna.
    Chissà mai se suo nonno, ovunque fosse allora, era fiero di lui, piccolo pioniere, primo del suo nome a recarsi a Grande Inverno dai tempi immemori dei suoi antecessori, di veder realizzare la propria volontà per conferire pregio e donare nuovo lustro alla propria casata, suo più grande desiderio, sottrarla alla croce dell'oblio e ricordare a Re Robb che i Darkpatch erano ancora amici degli Stark anche se il metalupo pareva ormai essersi dimenticato di loro, incoronati da Lord Rickard, fautore d'una casata senza lode né infamia, derisa e bistrattata da tutti i Sette Regni, concedendo loro terre, titoli e ricchezze tali da investire nella costruzione d'un castello sulla punta più estrema del Drago Marino, ricompensandoli per il coraggio dimostrato con un nome che li caratterizzasse. Chissà mai se <i>lei</i>, lo era di lui, dopotutto, nonostante tutto. Nonostante ciò che di proibito aveva tutto il sapore, occorso fra loro tempo prima, tra gli alberi pallidi dell'inverno e la boscaglia candida, al cospetto di antiche divinità, ben lontano dalla placidità che un amicizia doveva donare.

    L'arrivo a Grande Inverno d'una simile compagnia così male in arnese, di uomini tutti bardati, <i>piccoli procioni</i> in livrea bianca e nera e che niente parevano avere di che spartire coi loro conterranei per costituzione ed aspetto così estranei e dissimili agli uomini del Nord, aveva destato la ridarella dei soldati, i mormorìì e la curiosità delle genti di quel luogo che Tad guardava invece con grande stupore e curiosità, riempiendosi lo sguardo di meraviglia per l'architettura e l'incanto di quelle antiche costruzioni, di volti misconosciuti di cui ignorava la provenienza, fremiti di vite che gremivano quella piazza d'arme fervente d'attività, in qualche modo onorato di trovarsi presso quel seggio ancestrale dimora di Antichi Déi e selvatici ululati, proprio nel pieno dell'ora del lupo che ferina era infine tornata a scoccare. E pur affezionato al pensiero confortevole di casa e di tutto ciò che di caro aveva là, di volti amici, l'idea di stabilirsi per qualche tempo a Grande Inverno non lo dispiaceva affatto.

    Durante la sua permanenza presso gli Stark, aveva accantonato il pensiero di Brax non per il piacere di dimenticare, piuttosto come affievolito nello splendore delle architetture in pietra battuta che avevano travolto il suo sguardo di antiche bellezze. Là non v'era il tempo di darsi il tormento come a Washedhands, né ombra di quiete, così tanto da fare, così tanto da vedere, mai abbastanza da esplorare, fra passaggi brulicanti e volti misconosciuti, e non vedeva l'ora di dirlo a lei, com'era diverso. <i>“Non è come qui.”</i> Il mondo a valle, oltre le terre conosciute dai suoi occhi, era tutt'altra cosa, un'avventura di quelle che piacevano a loro. Avrebbe tanto voluto mostrarglielo, un giorno. Non poterle raccontare né dividere con lei quell'esperienza come aveva sperato nei suoi giri d'esplorazione, lo distruggeva. A loro, creature semplici, piaceva tutt'altro: scalare, esplorare, insieme sognavano il mare e l'avventura, gli scheletri delle navi in costruzione, scansando le responsabilità in preda allo spirito ribelle e testardo tipici dell'adolescenza, lungi da re e regine. A casa non succedevano quelle cose, molti di loro non conoscevano nemmeno il campo di battaglia, non avevano idea dello strazio di un corpo morente. Genti semplici, vivevano di pesca e falegnameria, non si facevano la guerra, il gioco del trono era loro del tutto estraneo. Nessuno di loro conosceva il terrore dell'uomo scuoiato, l'orrore di Ramsay il sadico, grato alla misericordia della Madre per aver scansato dai loro capi un simil fardello come la scure del Bastardo di Bolton ch'aveva falciato il Nord. Pregò gli Antichi e Nuovi Déi perché Re Robb vivesse il più a lungo possibile per mantenere la pace.

    Un pallido sole risplendeva solenne quel giorno, luccicando debolmente dietro a fioche nuvole bianche, invero continuava a tentennare nel farlo, offuscato da plumbeo grigiore mentre lui, in quella sua stanzetta, si crucciava, si struggeva, straziato nel profondo, intingendo più e più volte il pennino nell'inchiostro fino a farlo asciugare insieme ai suoi pensieri, osservando il fioccare silenzioso attraverso le finestre, in preda alla disperazione per l'assenza d'ispirazione. E così, a ridosso d'un piccolo ma focoso caminetto che soffiava calore, se ne stava là, immobile in quell'alcova confortevole, la seggiola scricchiolante sotto al suo peso e i gomiti poggiati contro la superficie dello scriptorium, a sbuffare fra i fogli di pergamena appallottolati per esasperazione, più che mai desideroso di trovare le parole giuste per raccontare a Brax di quell'esperienza e portarle le sue sensazioni, le sue emozioni, speranzoso che la neve, che ormai fitta cadeva un giorno sì e l'altro anche e s'ammassava in ogni dove, appesantendo le fronde ormai bianche, in qualche modo gli portasse consiglio insieme al candore del paesaggio, in quei tempi freddi. Rammentandosi dell'amore che entrambi avevano, da bambini, per i giochi candidi, dal battagliare a palle di neve al fare le figure fra i cumuli luccicanti, capace di far affiorare in lui un sorriso nel placido torpore e l'intimità di quelle pareti. Dividere con lei ogni cosa, dal suo aggirarsi silenzioso fra i sepolcri dei Re dell'Inverno, pregando le antiche statue, esemplari, di Eddard, Brandon, Lyanna... e Rickard, il <i>benefattore dei procioni</i>, dai volti imperituri, ai suoi innumerevoli giri d'esplorazione, scivolando di corridoio in passaggio. Voleva che Brax avesse tutto, non le avrebbe risparmiato alcun dettaglio pur di renderla presente e partecipe di quel prezioso vissuto, riportandole ogni cosa con attenzione ed esattezza, le avrebbe dato i suoi occhi pur di riuscirvi. Dopotutto, non v'era molto altro da fare in quei giorni, con suo sommo dispiacere. Faceva troppo freddo per mettere il naso fuori, eccetto in rare occasioni, e la neve, seppur venisse spalata dalle vie principali in cumuli a ridosso di abitazioni e costruzioni, pareva non finir mai e rendeva tutto quanto più ostico e impraticabile, faceva di loro degli ostaggi in trappola, dando scacco alle genti di Grande Inverno che tuttavia, infaticabili non s'arrendevano e affrontavano il gelo inclemente che pungeva loro i volti ogni giorno. Temerari, non sembrava scalfirli troppo, così ben imbacuccati. A malapena, oltre la linea dell'orizzonte si riusciva a scorgere città dell'inverno e le sue schiere ordinate di piccole abitazioni in legno e pietra cruda, coi loro tetti spioventi, insieme ai sottili nembi di fumo dei focolari.

    Lasciò andare il pennino e s'arrese all'assenza di parole per esprimere la propria contentezza, più che sicuro che al momento giusto le avrebbe trovate. Bastava lasciar correre un istante, affinché l'ispirazione ritrovasse la via. Dunque si sporse in avanti, verso le braci e i ceppi scricchiolanti, sfregando i palmi per scaldarsi, raccogliendo pensieri e parole nel silenzio, in un momento di fragilità e riflessione. Osservò le lingue di fuoco gareggiare come una torma di topolini rossi, mentre un brivido gelido gli correva lungo la schiena, repentino come un fulmine a colpire.
    Ripercorse in retrospezione ciò che di proibito aveva tutto il sapore, occorso fra loro tempo prima, tra gli alberi pallidi dell'inverno e la boscaglia candida, al cospetto di antiche divinità, ben lontano dalla placidità che un amicizia doveva donare. S'accarezzò le labbra piene coi polpastrelli, disorientato, leggermente, lentamente.
    L'inverno parve come calare su di lui col peso delle sue nevicate, e d'improvviso il gelo se ne impossessò fino alle ossa, lasciandolo esangue in preda a sudore freddo ed emozioni ribollenti, troppo grandi per poter essere comprese, calore che gli risalì lungo ogni estremità del corpo, viscere che si torcevano, gli occhi sbarrati per lo stupore, in ginocchio nella neve umida. S'era sentito accaldato, leggero, in preda a una sensazione travolgente. Fu... <i>intenso</i> ed emozionante, la furia di quel gesto stravolse completamente il suo mondo interiore, portando chiarezza e confusione allo stesso tempo, nello stesso momento, falciate di tempesta e sferzate d'orgoglio che infuriavano nel suo essere spirando verità ineffabili. Quel bacio aveva tutto, forza, impeto, potenza, prepotente, sapeva di confidenza, capace di ardergli la gola e asciugargli la bocca insinuando fra le sue labbra il sapore dolceamaro di lei a fronte di quell'improvviso intorpidimento di sensi, spazzando ogni consapevolezza. Stimolante, spontaneo, lo sopraffaceva, pizzicando corde mai conosciute prima ma molto delicate, alla luce di quel contatto dal sapore inaspettato ed aspettato, voluto e non voluto allo stesso tempo, audace, testardo, impertinente. Portava dolore, addii e separazione. Soffocante e liberatorio insieme. V'era stata tensione, fra loro, s'era sentito bruciare dentro come in preda a un inestinguibile incendio d'adrenalina. L'assaporò con piacere istintivo, sottile, dipinto negli occhi chiari, nell'incoscienza più assoluta. Espressione degli sconvolgimenti che lo attraversavano, del subbuglio dentro di lui, consumando il momento troppo in fretta per i suoi gusti. Fu... <i>morbido</i> e dolce, gli trasmise un sentore di possesso trovando sfogo nel suo petto.
    Non fu capace di sottrarsi a lei, non ebbe modo, rapito da quel gesto lungi da premeditazione, padrona di entrambi, di fare di lui ciò che voleva.

    Immaginò d'andarle appresso, immediatamente, correre a perdifiato nella foresta fin quasi a rimanere senza respiro e senza voce a forza di chiamare il suo nome nel vento senza mai voltarsi indietro, ma non corse abbastanza. Non correva mai abbastanza, nei suoi sogni, no.
    Immaginava di ritrovarla e riprenderla, d'afferrarla e attirarla a sé, riversarle addosso lunghi sguardi, infiniti silenzi, poi fiumi di parole, là fra gli alberi, tacite sentinelle, in preda all'istinto. Vicini, <i>troppo vicini</i>, poi il buio sotto alle sue palpebre s'assottigliava sempre più, e allora comprendeva quanto la sottile linea attraverso l'orizzonte fra realtà e fantasia fosse labile, dopotutto.
    Invero, era rimasto immobile, come inerte, mentre lei svaniva oltre le fronde ormai bianche di neve, in preda ad una fuga repentina per sottrarsi al suo giudizio e la sua comprensione, i suoi interrogativi e perplessità. Lontana da tutto, lontana da lui. D'improvviso, ogni cosa lo circondasse nel candore di quel paesaggio, rallentò come in battuta d'arresto, poi riprese a correre più veloce di prima, ma di lei allora non v'era più traccia, soltanto il cucciolo di metalupo stretto fra le sue braccia e il cuore matto nel suo petto, furono capaci di restituirgli la concezione temporale del luogo, suggerendogli che quel momento era esistito per davvero. Non l'aveva immaginato né inventato, lungi da improvvisi sforzi di fantasia. Voleva lasciargli qualcosa di sé, un bel ricordo, un segno, un simbolo. Sicurezza, prima che lui s'allontanasse, assestando una dura batosta al suo orgoglio.
    <i>C'era riuscita.</i> Le promesse erano spezzate, ma lei non sapeva. Non aveva idea.
    <i>“Non mi sposo più!”</i> Provvidenziale, la notizia era giunta poco prima della repentina partenza per Grande Inverno, poco lieta al Lord Procione suo padre, sollevandolo da quel dovere a cui non voleva adempiere, tuttavia non v'era stato né il tempo né il modo di dirle tutto a parole. Allora, quella verità giaceva sepolta con lui, nella neve di Grande Inverno fino al suo ritorno a casa.
    Provava tutt'altro che tranquillità addosso, la sua mente spinta al più feroce dei galoppi, che spense del tutto in lui la frenesia d'impugnare i propri pensieri e imprimerli su carta per farli arrivare sino a lei.
    <p align="right"><i>La vera amicizia non consiste nell’essere inseparabili,<br>ma nell’essere in grado di separarsi senza che nulla cambi.</i></p><div style="text-transform: uppercase; letter-spacing: 2px; font-size: 7px; margin-top: 7px; color: #aaa; text-align: center; line-height: 10px; border-top: 2px solid #393d4b; border-bottom: 2px solid #393d4b; padding: 5px">&#9654; Sometimes home isn't a place, it's two eyes and a heartbeat &#9664; </div> </div> [img]https://i.imgur.com/hxQbhZX.gif[/img] <div style="background-color: #1b1b1b; padding: 10px; margin-top: 5px"><div style="text-align: left; font-size: 27px; margin-bottom: 10px; color: #888">synchronization [color=#393d4b]<b><i>memories</i></b>[/color]</div> <div style="border-left: 10px solid #272727; padding-left: 5px"><span style="color: #777; padding-right: 5px; font-size: 10px"><span style="color: #393d4b">&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;</span>&#9616;&#9616;</span> 02.01.17 - <a href="http://gameofthrones-gdr.forumcommunity.net/?t=59437348"><span style="color: #777"><b>I tre piccoli bruti</b></span></a> -- Tad w/ Ronan & Laoghaine
    <span style="color: #777; padding-right: 5px; font-size: 10px"><span style="color: #393d4b">&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;</span>&#9616;&#9616;</span> 03.11.16 - <a href="http://gameofthrones-gdr.forumcommunity.net/?t=59303107"><span style="color: #777"><b>The ones we love [...]</b></span></a> -- Tad & Brax
    <span style="color: #777; padding-right: 5px; font-size: 10px"><span style="color: #393d4b">&#9616;&#9616;</span>&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;</span> 31.07.17 - <a href="http://gameofthrones-gdr.forumcommunity.net/?t=60166113"><span style="color: #777"><b>Procioni a Grande Inverno</b></span></a> -- Tad & Il Flint
    <span style="color: #777; padding-right: 5px; font-size: 10px"><span style="color: #393d4b">&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;</span>&#9616;</span> xx.xx.xx - <a href=""><span style="color:#777"><b>titolo della role in corso</b></span></a> -- Nome pg & Nome pg
    <span style="color: #777; padding-right: 5px; font-size: 10px"><span style="color: #393d4b">&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;</span></span> xx.xx.xx - <a href=""><span style="color:#777"><b>titolo della role in corso</b></span></a> -- Nome pg & Nome pg
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    <span style="color: #777; padding-right: 5px; font-size: 10px"><span style="color: #393d4b">&#9616;&#9616;</span>&#9616;&#9616;&#9616;&#9616;</span> xx.xx.xx - <a href=""><span style="color: #777"><b>titolo della role in corso</b></span></a> -- Nome pg & Nome pg
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    to remind you that there's <i>more to see</i><br>&#9664; Only a heart can reach another heart &#9654;</div> <div style="background-color: #090909; text-transform: uppercase; color: #666; letter-spacing: 1px; font-family: calibri; font-size: 8px; text-align: center; padding: 3px; margin-top: 5px">©Pensive by <a href="http://damsid.blogfree.net/" target="_blank">Amphetamines'</a> - Vietata la copia anche parziale.</div> </div> </div>
     
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  3. first raccoon
     
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    Tad Darkpatch
    le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono
    ✖20 (289) firstraccoon washedhands
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    se cominci a scappare non ti fermi più. li affronti, ti ribelli. Devi andare avanti lo stesso, no?
    house darkpatch of washedhands - we are not thieves
    È una casata non molto antica quella dei Darkpatch nata ai tempi di Rickard Stark, padre di Brandon, Eddard, Benjen e Lyanna, Lord di Grande Inverno, quand'egli si apprestava a sedere per la prima volta sul trono di Grande Inverno. Fu lo stesso Rickard Stark a concedergli un castello sulla punta più estrema del Sea Dragon Point quando un gruppo di giovani guidati dal figlio di un cavaliere di Bear Island riuscì ad impedire un tentativo di incursione proprio a Isola dell'Orso, dimora dei Mormont, da parte di un gruppo di pirati che si sospettava provenissero dalle Isole di Ferro. I giovani si infilarono nelle navi nemiche dopo aver nuotato nelle acque gelide quando il gruppo di pirati si fermò a riposare poco distante dal Sea Dragon Point rubando cibo, armi e compiendo alcuni fori nella stiva nel più totale silenzio mentre la ciurma dormiva. Le navi non giunsero mai all'isola dell'orso, ma affondarono pian piano costringendo la ciurma con ormai l'acqua alle ginocchia a fuggire sulle scialuppe. Vennero ricompensati con la terra di quel promontorio, con il titolo di lord per il ragazzo che li aveva guidati e di cavaliere per qualche altro valoroso, con un nome che li aveva caratterizzati in quella circostanza (si erano dipinti di nero la faccia ma nuotando in mare il colore si era in parte tolto fino a sopra il naso, lasciandogli nera la parte alta del volto) e ricchezze da investire nella costruzione di un castello (Washedhands). Purtroppo già da subito per i modi escogitati per evitare l'incursione e per il fatto di aver sottratto armi e cibo ai nemici sono stati da molti additati come ladri, per questo il loro motto fin da subito fu “we are not thieves” (noi non siamo ladri), derisi e bistrattati vivono una vita abbastanza solitaria, senza uscire dalle loro terre se non in caso di guerra, nel quale sono diventati molto abili nel tempo. I Darkpatch sono caratterizzati da una struttura fisica all'apparenza molto fragile, non molto alti di statura, con capelli castano scuro e occhi verde-giallo. Molto agili, magri ma tonici, hanno corpi in grado di sgusciare in piccoli cunicoli, abili nuotatori anche nelle acque più gelide, fuori dall'acqua indossano pellicce molto folte che li nascondono quasi, risucchiandoli. A parte la profonda amicizia e fedeltà che li lega a Stark e Mormont non c'è altro per loro al Nord, spesso derisi dalle altre casate minori e ignorati dalle maggiori.
    Quella mezza faccia dipinta di nero, dal mezzo naso fino alla cima della fronte gli è rimasta ancora adesso, è un tratto che li caratterizza e che li vedi così tingersi quando i discendenti di quei giovani scendono in guerra o anche duranti alcuni particolare ricevimemti all'interno di Washedhands. Il loro vessillo rappresenta una testa di procione su sfondo bianco e nero.

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    Tad Darkpatch as thomas mcdonell - codice scheda © Akicch; - want your own? Get it!
     
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